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Egitto: Usa collusi con la caduta di Mubarak, la prova “virtuale”

Il 12 gennaio 2009, il sottosegretario per la Diplomazia Pubblica e gli Affari Pubblici James K. Glassman si è iscritto ad un gruppo di blogger politici egiziani presso la newsletter virtuale della American University del Cairo. E’ questa la pistola fumante “virtuale” che indica la collusione americana nella successiva cacciata di Hosni Mubarak?

Meno di due mesi prima, Glassman e Jared Cohen furono i tramiti dello staff del Policy Planning del Segretario Clinton che consegnarono le registrazioni di un breafing all’alleanza del Dipartimento di Stato, assieme all’appoggio di una decina di aziende del settore privato, tra cui Facebook, Google, MTV, AT & T, Howcast, Access 360 Media, per formare l’Alliance for Youth Movements (AYM). Durante il briefing, Glassman aprì una importante parentesi sul 6 April Youth Movement, affermando che alcuni dei suoi membri sarebbero stati presenti all’inaugarazione del primo Vertice della gioventù AYM a New York dal 3 al 5 dicembre. Alla domanda sul “rischio di scatenare qualcosa che poi si sarebbe ritorta contro, soprattutto nei confronti degli alleati”, Glassman rispose così: “Siamo molto favorevoli ai gruppi pro-democrazia che si stanno sviluppando in tutto il mondo. A volte però questo, ci mette in disaccordo con alcuni governi. ”

Quando viene messo sotto pressione dal giornalista, Glassman spiega: “Ora dobbiamo lavorare con i governi. Mi lasci dire un’ultima cosa, c’è una differenza tra il livello operativo e livello pubblico, cioè tra quello che facciamo nella diplomazia pubblica e ciò che avviene spesso nella diplomazia ufficiale. La nostra opera di comunicazione e coinvolgimento, avvviene a livello del pubblico, non a quello dei funzionari. Vien da se, la probabilità che alcuni di questi governi non siamo molto felici, delle iniziative che stiamo conducendo, ma questo è quello che facciamo nella diplomazia pubblica “.

Dopo che Jared Cohen sottolineò che le organizzazioni che stanno formando online “un nuovo tipo di organizzazione della società civile” che porterà alla fine ad una “trasformazione”, Glassman riconobbe che il governo degli Stati Uniti ha “avuto relazioni con queste organizzazioni della società civile per un lungo periodo, in posti come l’Egitto “.

Come quando Al Jazeera rivelò il dietro le quinte del colpo di stato egiziano non violento, nel quale il 6 April Youth Movement protetto dal Dipartimento di Stato ha effettivamente svolto un ruolo cruciale in questa “trasformazione”, organizzando e dirigendo le proteste che hanno rovesciato l’ex alleato americano, Mubarak . I leader del movimento ricevettero istruzioni dal Centre for Applied Nonviolent Action and Strategies (CANVAS) con sede a Belgrado, che opera in stretta collaborazione con l’International Center for Nonviolent Conflict (ICNC). L’ICNC è stato fondato e finanziato interamente da Peter Ackerman, che ha presieduto la Freedom House tra il 2005 e il 2009. La Freedom House è finanziata in parte dal National Endowment for Democracy (NED), un gruppo neoconservatore guidato da specialisti in cambio regime sponsorizzato dal governo degli Stati Uniti.

Il 19 aprile 2010, Ackerman partecipò ad un evento dal titolo “Cyber-Dissidents and Political Change” promosso dal George W. Bush Istitute, guidato da Glassman dal 3 settembre 2009. “Ispirato da presidente e dall’impegno incrollabile della signora Bush di garantire a tutti la libertà,” il sito Internet riporta, “Il Bush Institute lavora per incoraggiare i dissidenti e i difensori della libertà, la creazione di una potente rete per il sostegno morale e l’istruzione.” Tra i cyber-dissidenti che hanno partecipato al convegno di Dallas c’erano Rodrigo Diamanti dal Venezuela; Arash Kamangir, provenienta dall’Iran; Oleg Kozlovsky, dalla Russia, Ernesto Hernández Busto, da Cuba (ma vive a Barcellona), Isaac Mao, dalla Cina, e Ahed Alhendi, dalla Siria. Chiaramente, alcune persone, agli occhi di Mr. e Mrs. Bush, sono viste come più meritevoli di altri.

Nel 2007, Glassman è diventato presidente del Broadcasting Board of Governors (BBG), una agenzia governativa degli Stati Uniti che trasmette la propaganda al pubblico d’oltremare attraverso la Voice of America, la Radio Free Europe / Radio Liberty, la Middle East Broadcasting Networks (Alhurra TV e Radio Sawa), Radio Free Asia e la Office of Cuba Broadcasting (Radio e TV Marti). Norman J. Pattiz, il “padre fondatore” di Radio Sawa, che è sempre più popolare in Egitto, è al fianco della BBG. Pattiz è anche nel consiglio nazionale della Israel Policy Forum, che è “impegnata a mantenere una relazione forte e duratura tra USA e Israele e di portare avanti gli interessi comuni degli Stati Uniti e dello Stato di Israele.” Il consiglio consultivo Israeliano è formato da personaggi di rilievo sia nell’area militare che nell’area dell’Intelligence, in particolare David Kimche, che una volta venne descritto come la “spia leader di Israele e aspirante capo del Mossad.” Secondo un profilo del Washington Report, “L’uomo con la valigia’, soprannome dato dai colleghi di Kimche, compare in un paese africano un giorno o due prima di un grosso colpo di stato, per poi andarsene via una settimana più tardi quando il nuovo regime ha stabilmente messo radici, spesso con l’aiuto di squadre di sicurezza Israeliane. ”

Prima del suo coinvolgimento nella “promozione della democrazia“, Glassman era un sostenitore dell’American Enterprise Institute, il mulino propagandistico neoconservatore che ha premuto sul concetto di “guerra globale al terrore” in primo luogo per far avanzare gli interessi nazionali di Israele. Mentre era lì, fondò il The American, una rivista rivolta agli imprenditori e ne fù suo editore capo nel periodo 2005-2007.

Fonte

Rivoluzione egiziana: Quello che non vi dicono

 

Non c’è mai stata una “rivoluzione egiziana”, piuttosto un colpo di stato militare manovrato da dietro le quinte da una giunta di generali fantoccio della CIA, che evidentemente non hanno avuto successo nello spodestare Hosni Mubarak, se non grazie all’aiuto di pesanti ultimatum provenienti da Washington nella notte tra Giovedi, 10 febbraio e Venerdì 11 Febbraio 2011. Emergono crescenti evidenze che la minaccia in questione riguardasse il sequestro o il blocco del Canale di Suez, la via commerciale egiziana che trasporta oltre l’8% di tutto il commercio marittimo mondiale, via che fù nelle mire degli imperialisti già nel 1956, da cui sarebbero riusciti ad escludere fino ad oggi la Cina, l’Iran e la Russia. Per quanto riguarda Mubarak, ci sono forti indicazioni che sia stato rovesciato da Washington e da Londra, perché si oppose all’attuale piano USA-UK atto ad organizzare un blocco di stati sunniti arabi come l’Egitto, l’Arabia Saudita, la Giordania e gli stati del Golfo – sotto la protezione nucleare degli Stati Uniti e spalla a spalla con Israele – ai fini di provocare confronti e guerre con l’Iran, la Siria, gli Hezbollah e i loro alleati sciiti e radicali.

Ciò significa che, con la caduta di Mubarak, il Medio Oriente ha fatto un grande passo in avanti sulla strada verso il conflitto totale. Per quanto riguarda la giunta, ha sciolto il parlamento, ha fatto a brandelli la Costituzione, e ha annunciato sei mesi di legge marziale.

Nei giorni successi alla caduta di Mubarak, il coro dei media controllati dagli inglesi e dagli americani scandì ossessivamente che questo “cambio” di regime nel mondo arabo era stato portato avanti unicamente dal popolo egiziano. In realtà, l’agitazione relativamente limitata del popolo era il fattore meno importante nell’operazione di rovesciamento di Mubarak. In quanto non vi era nessuna organizzazione di massa che avesse le capacità e il potere di prenderne il controllo, non vi era nessun programma di ricostruzione economica, di sviluppo e di riforme che sarebbe stato l’input per unire gli sforzi tra i vari settori della popolazione, l’Egitto è stato lasciato alla mercé delle rivoluzioni colorate standard della CIA / National Endowment for Democracy, presa del potere popolare o colpo di stato postmoderno che fosse. Secondo questa ricetta, la destabilizzazione è iniziata con il reclutamento dei giovani privilegiati della medio alta borghesia – quelli con l’accesso a Internet, a Google, a Facebook e a Twitter – a Tahrir Square, dove, nonostante il loro numero abbastanza ridotto in una città grande come il Cairo, hanno fornito un ottimo soggetto per la rete tv Al Jazeera, che serve spudoratamente come megafono demagogico dei servizi segreti britannici, gli ex detentori del potere in Egitto.

Il ruolo incendiario svolto da Al Jazeera si riflette anche nello strana politica del rischio calcolato attualmente in corso a Doha, nel Qatar, dove ha sede questa rete. Come Gamal Mubarak presumibilmente disse al senatore statunitense Joseph Lieberman nel febbraio del 2009, secondo un rapporto del Dipartimento di Stato trafugato da Wikileaks: “Purtroppo, il Qatar sta recitando il ruolo del “guastafeste” per ottenere un posto al tavolo….” Sono coordinati strettamente con la Siria e l’Iran, riferisce Gamal, “in un attacco orchestrato in Egitto e in altri paesi arabi moderati”. Lo sceicco Hamad bin Khalifa Al Thani e il resto della famiglia reale Al Thani del Qatar potrebbero presto trovarsi spodestati dalla loro stessa trappola per la destabilizzazione della regione.

Successe allora che la ricca gioventù del Cairo riuscì ad organizzare una qualche sorta di presenza televisiva, permettendo agli agitatori e ai provocatori di Al Jazeera di sostenere che questi giovani pieni di speranze, anarchici e nichilisti rappresentassero l’incarnazione della volontà popolare di Jean-Jacques Rousseau e quindi che sarebbero stati i giudici in ultima istanza per tutte le decisioni politiche che riguarderanno il futuro dell’Egitto. A volte c’erano solo poche centinaia di giovani appassionati in piazza, ma per Al Jazeera rappresentavano l’oracolo supremo di ciò che l’Egitto voleva. L’Egitto ha più di 80 milioni di persone, nell’area metropolitana del Cairo abitano quasi 20 milioni, ma le forze anti-Mubarak stentano a superare le 50 000 unità – anche nei giorni scoppiettanti quando promisero la One Milion Man March o addirittura la Two Million Man March. Rispetto a Kiev, una città più piccola, durante novembre 2004, quello del Cairo è stato un tentativo velleitario.

Il branco in piazza era semplicemente un fatto costruito per la televisione, ed i suoi partecipanti – per quanto fosse stata diversa la loro intenzione soggettiva – sono stati ridotti a oggetti di scena, scenografie, comparse, o a riprese di rito. Odiavano Mubarak. Essi volevano spodestare il suo regime. Hanno rifiutato la gerarchia. Volevano trasparenza. Con un livello così patetico e primitivo di coscienza politica, la folla in piazza non avrebbe mai potuto sperare di determinare gli eventi della “rivoluzione”, è stata purtroppo costretta a diventare lo strumento di una forza organizzata che in realtà sapeva ciò che voleva – cioè la CIA.

La folla non era organizzata, ma c’erano le organizzazioni all’interno della folla. Una era chiamata il 6 April Movement, che si rivelò essere una clone o un’imitazione del veicolo originale delle rivoluzioni colorate, l’ Otpor! serbo del 1999-2000 che fù utilizzato dal National Endowment for Democracy per rovesciare Milosevic. A quanto pare anche la CIA sente la crisi riciclando il saluto del gruppo serbo direttamente per la rivoluzione egiziana. Altri aspetti della folla riflettono gli aspetti “riutilizzati” dalle precedenti rivoluzioni colorate – lo slogan tanto decantato “Game Over” era in realtà un residuo di un tentativo di destabilizzare il Tibet al servizio del Dalai Lama.

Quando la ricca gioventù ebbe la necessità di un rinforzo numerico, chiamarono la massoneria britannica che in questo caso veniva rappresentata dalla Fratellanza musulmana. L’Ikhwan fornì i giovani di grandi battaglioni, ma portò anche tensioni nelle pubbliche relazioni. Per neutralizzarle, venne messa in piedi una campagna di propaganda da un numero di affiliati della CIA, tra cui Bruce Riedel, per rassicurare il pubblico americano che non c’era nulla di cui preoccuparsi.

Va sottolineato che la destabilizzazione egiziana divennne violenta molto presto.Venerdì, 28 gennaio, i manifestanti bruciarono la sede del partito di Mubarak nel centro del Cairo. Non è noto se ci siano stati incidenti mortali in questa occasione. Altri manifestanti hanno sistematicamente bruciato stazioni di polizia. Diversi poliziotti sono stati linciati dalla folla. C’è stato anche un attacco armato nella sede del ministero dell’Interno, che è stato respinto dopo uno scontro a fuoco con la polizia in tenuta antisommossa. Questa violenza dagli splendenti eroi della democrazia non è stata riportata, nè tanto meno condannata, da Ban-ki Moon, dall’Unione europea, o dagli altri “guardiani della moralità” mondiale.

Gli anglo-americani evidentemente ritengono che l’attuale combinazione tra crisi economica mondiale o, se si vuole utilizzare un altro termire, depressione (completata da una aumento dei prezzi del cibo e del carburante, nonché dall’elevata disoccupazione), più la presenza di un sentimento di ribellione nei giovani di tutto il mondo arabo offra l’opportunità di rovesciare i governi come birilli, un po’ sul modello di quello che gli inglesi fecero durante la Santa Alleanza in Europa nel 1848, o di ciò che gli anglo-americani hanno fatto ai sovietici in Europa orientale nel 1989. Questa volta l’obiettivo è quello di rovesciare i trincerati governanti autoritari del mondo arabo, tra i quali Ben Ali della Tunisia, che è stato al potere per circa 23 anni, l’egiziano Mubarak (31 anni), seguito poi da Gheddafi (41 anni ), da Bouteflika dell’Algeria (12 anni), dalla dinastia Assad in Siria (circa 40 anni), da Saleh dello Yemen (21 anni), assieme alla Giordania, all’Arabia Saudita, al Marocco, e ad altre nazioni.

PERCHE’ LA CIA VUOLE SOVVERTIRE GLI ATTUALI REGNANTI ARABI?


L’obiettivo di queste operazioni è quello di rimuovere i governanti/fantoccio che sono stati al potere tanto a lungo da aver acquisito un notevole grado di autonomia nei confronti dei dettami imperiali provenienti da Washington e Londra, sono inoltre stati abituati ad agire come governanti nazionali, piuttosto che come i docili burattini che la CIA e il Dipartimento di Stato hanno sempre ricercato. Il giudizio di Washington è che questi governanti al potere da molte decadi non dipendano abbastanza dalla NATO, dal Fondo monetario internazionale, e così via. Washington e Londra hanno bisogno di burattini kamikaze, che saranno disposti a prendere decisioni di parte (Americana e Inglese) quando verrà il momento del confronto con l’Iran, la Cina e la Russia.

Una ipotesi statunitense per il futuro dell’Egitto è semplicemente una continuazione del regime esistente, in gran parte basato sull’esercito, sulla burocrazia statale, e sulle forze di sicurezza guidato da militari vestiti con abiti civili. Ma in questo caso i governanti sarebbero i Suliemans, i Tantawis, o gli Annans, o forse i Baradeis o i Moussas, tutti molto più deboli di Mubarak. Un’altra possibilità è un periodo di caos – come quello che sta succedendo proprio adesso in Tunisia – seguito da una presa del potere da parte della Fratellanza musulmana, che porti alla creazione di un califfato sunnita de facto sunnita al Cairo che gli Stati Uniti potrebbero utilizzare per sfidare (e consolidare) il califfato sciita de facto di Teheran. Entrambe le alternative potrebbero quindi essere utilizzate per sostenere la strategia di fondo di Usa e di Regno Unito per il Medio Oriente, che è quella di montare un blocco di paesi arabi e sunniti (in particolare Egitto, Arabia Saudita, Stati del Golfo, e Giordania) che, verrà utilizzato come fronte, con il supporto di Israele, contro il fronte Iraniano sciita, formata dalla Siria, dagli Hezbollah, da Hamas, e dalle varie forze radicali. Un’altra possibilità è che l’Egitto e gli altri paesi mediorientali semplicemente vengano lasciati sprofondare nel caos, lasciando agli imperialisti la possibilità di fare piazza pulita dei beni interessanti della zona , come i giacimenti di petrolio algerini o libici, o in Egitto il Canale di Suez.

Come una pre fabbricata, sintetica, rivoluzione colorata, l’esperimento in Egitto ha messo in mostra delle debolezze tecniche dal punto di vista del branding e del marketing, che sono fondamentali per un’operazione del genere. La rivoluzione non aveva un colore o un simbolismo accattivamente, come ad esempio l’arancione dell’Ucraina, le rose della Georgia, o i cedri del Libano. Non aveva uno slogan egemonico, come il georgiano “Enough!”, Il serbo “He’s finished!”, lo slogan dei robottini di Obama “Yes we can!”, O l’ucraino “It’s time!”. Non hanno un leader carismatico, un demagogo telegenico come nel caso del georgiano Saakashvili. Il regime di Mubarak li privò di Facebook e Twitter il 27 gennaio, dopo di che che Al Jazeera divenne il loro principale mezzo di comunicazione, fino a quando anche questo non venne spento.

Mubarak aveva i suoi punti di forza e i suoi punti di debolezza. Il suo regime evidentemente sapeva che la tempesta era alle porte e prese l’elementare precauzione di spegnere rapidamente Internet. D’altro canto, il regime si dimostrò incapace di tenere fuori i corrispondenti televisivi stranieri che erano qualcosa più che agitatori. Essendo il più grande importatore mondiale di grano, proveniente per la maggior parte dagli Stati Uniti o dagli aiuti alimentari derivanti dai finanziamenti americani in base al trattato di Camp David, l’Egitto è esposto alla pericolosa vulnerabilità della dipendenza da cibo.

Le due debolezze più salienti di Mubarak, si possono notare confrontando la sua risposta alla vittoriosa resistenza del leader iraniano Ahmadinejad alla rivoluzione innestata dalla CIA tramite Twitter a Teheran nel giugno del 2009. Quando il NED ha scatenato le sue proteste, Ahmadinejad si è affrettato a mobilitare i Basij – contro le disperate casalinghe a nord di Theran e contro la gioventù borghese della CIA. Anche Mubarak possedeva un equivalente ai Basij nella forma dei cosiddetti Baltagies, ma non vennero utilizzati se non quando le sommosse erano cominciate da una settimana battendo la ritirata non appena i carri armati dell’esercito hanno iniziato a bombardarli. L’altra cosa che mancava a Mubarak era un importante sostegno internazionale. Quando gli angloamericani fecero la loro mossa contro Ahmadinejad, fù in grado di volare al vertice della Shanghai Cooperation Organization, dove incontrò Putin e altri, mettendo in mostra la falsità della linea di propaganda anglo-americana che lo aveva totalmente isolato. Mubarak, anche se ha ottenuto un certo sostegno da parte della Russia, da Berlusconi, e dall’OLP, non è stato in grado di sfruttare opzioni simili.

I manifestanti egiziani, certamente, hanno avuto buone motivazioni per lamentarsi – senza di esse non è possibile ribaltare un governo. I prezzi del cibo e i prezzi del carburante erano in rapido aumento, il sistema egiziano per i sussidi ai lavoratori a basso reddito era stato tagliato senza pietà negli ultimi anni sotto la pressione del FMI, anche se effettivamente rimaneva moderatamente elevato. I salari egiziani sono rimasti troppo bassi. La disoccupazione aveva raggiunto livelli molto alti, soprattutto tra i giovani con istruzione universitaria. Molti di questi problemi sono ovviamente di responsabilità di Wall Street, dei banchieri zombie di Londra e delle iene dei fondi azionari, ben al di là delle competenze del regime di Mubarak. Infine, un grosso peso ce lo ha avuto la repressione autoritaria ai sensi delle leggi di emergenza che Mubarak attuò nel 1981, sulla scia dell ‘assassinio del suo predecessore Anwar Sadat da parte di Regno Unito e Stati Uniti – con l’aiuto delle reti all’interno dei Fratelli Musulmani, uno dei quali guidato da Zawahiri, successivamente diventato il leggendario uomo destro di Osama bin Laden.

GIOVEDI’ 10 FEBBRAIO: MUBARAK SFIDA IL GOLPE DELLA CIA

Per molti giorni, il regime di Obama ha utilizzato tutti i suoi canali, anche i legami personali intessuti con gli ufficiali egiziani che avevano ricevuto la loro formazione negli Stati Uniti, per far abdicare Mubarak e arrivare così al cambiamento di regime. Il mattino di Giovedi 10 febbraio un ufficiale dell’esercito di alto rango ha visitato la folla in piazza Tahrir e ha promesso loro che prima di sera, tutti i loro desideri sarebbero stati soddisfatti. Un programma vasto, come avrebbe detto il Generale de Gaulle. E’ trapelato che il Consiglio Militare Supremo, che si riunisce molto raramente, si è ritrovato, in assenza di Mubarak e ha deliberato che per il dittatore il tempo era scaduto. Il dispaccio della Associated Press annunciò questi eventi, che furono largamente riportati dal giornale radio della CBS, che definì il fatto come un “golpe morbido.”: La Cnn utilizzò il gioviale “E ‘un colpo di stato!”. In un gesto di stupidità incredibile, il direttore della CIA Leon Panetta disse in una audizione della House Intelligence Committee che vi era una “alta probabilità” che Mubarak sarebbe caduto prima della fine della giornata. Panetta ha detto così al mondo che il vero autore del golpe non fù il popolo egiziano, in una sua qualsiasi forma, ma piuttosto le interferenze di Langley. L’irresponsabile, fatuo, e incompetente Obama, desideroso di raccogliere qualche buon parere dai liberali di sinistra, che avrebbe potuto usare in un secondo momento per coprire i bilanci disastrosi americani, babetta ofuscato: “Stiamo osservando un cambiamento storico”. Nel pomeriggio di Giovedi a Washington, ci si aspettava che Mubarak tenesse un discorso televisivo di un paio d’ore dove annunciasse le sue dimissioni ma non fù così.

IL CONTRO GOLPE DI VENERDI’ 11 FEBBRAIO


L’autore dell’articolo ha commentato questi eventi in tempo reale, in un’intervista trasmessa nel programma radiofonico di Alex Jones. Appuntò il fatto che non fosse certo che Mubarak avrebbe lasciato il potere. Si stava prospettando uno scenario in cui vi era una crescente evidenza che erano in corso delle operazioni di “contro golpe” contro gli Stati Uniti. Dopo qualche ora dalla messa in onda della trasmissione, venne trasmessa dalla televisione di stato egiziana una dichiarazione registrata da Mubarak. Mentre la trasmissione televisiva andava in onda, le speranze di Langley, e del vecchio Executive Office Building vicino alla Casa Bianca (dove venne riportato che Samantha Power, facente parte del Consiglio di Sicurezza Nazionale svolse più volte un ruolo chiave nelle operazioni) vennero deluse, quando divenne chiaro dal tono di Mubarak, e poi dalla sua specificità, che avrebbe insistito nel rimanere in carica fino a quando il suo successore sarebbe stato regolarmente eletto alla fine di settembre o di ottobre.

OBAMA MASTICA LA POLVERE


Nel tardo pomeriggio di quello stesso Giovedi, non c’era felicità a fangolandia. Washington aveva buone ragioni per temere un crollo parziale dell’imperialismo degli Stati Uniti, il quale si sarebbe verificato se il modello attuale della rivoluzione colorata fosse diventato impraticabile a causa della crescente debolezza degli Stati Uniti. Già, la rivoluzione georgiana delle rose fù completamente offuscata dal suo leader, Saakashvili, che si è rivelato essere un guerrafondaio, un oppressore e un pazzo fascista. La rivoluzione arancione in Ucraina del 2004 fù completamente interrotta e poi ripresa con la cacciata dei suoi due cleptocrati più in vista, Timoshenko e Yushenko, il che significa tra le altre cose  che gli Stati Uniti non furono in grado di orchestrare una crisi del gas in Europa orientale, nell’inverno del 2010-11. La Rivoluzione dei Cedri in Libano nel 2005 era riuscita a cacciare le truppe siriane, ma non era stata in grado di spezzare il potere organizzato degli Hezbollah, l’ultimo governo libanese infatti è pesantemente sotto l’influenza degli Hezbollah più di tutti quelli precedenti. La Coup Twitter del giugno 2009 in Iran fù un fallimento. L’uso del potere morbido, la sovversione, e la destabilizzazione nella tradizione Carter-Brzezinski, furono sempre pilastri centrale della politica estera di Obama in contrasto all’accento belligerante dell’era Bush-Cheney. Data la crescente potenza militare di Iran e degli Hezbollah, di cui la sconfitta israeliana in Libano nell’estate del 2006 ne aveva fornito un assaggio, l’imperialismo anglo-americano rischiò di restare senza sia la sua opzione militare che senza la sua opzione sovversiva nel mezzo della depressione. Se ciò accadesse, cosa succederebbe? Probabilmente ci sarebbe un barlume di speranza che il Medio Oriente smettesse di giocare a fare la guerra con Usa e Israele, tornando al suo stato precedente e cioè risultando una potenza che ha contatti con la Cina, la Turchia , e forse anche con l’Europa, permettendo ai paesi della regione di affermare la loro indipendenza nazionale e il diritto ad un pieno sviluppo economico.

GAMAL MUBARAK E IL CONTRO GOLPE DI GIOVEDI’


Che cosa era realmente successo? Secondo i rapporti pubblicati, Mubarak registrò infatti un messaggio televisivo in cui rassegnò le sue dimissioni. Fù questo il nastro che gli americani e gli anglosassoni visionarono, e che fù alla base di gran parte delle loro speculazioni. Dopo che il nastro fù realizzato però, il figlio maggiore del desposta, Gamal Mubarak intervenne con suo padre, ristabilendo Mubarak nella sua posizione di potere.

Ecco un resoconto egiziano dell’intera vicenda: “Una accesa discussione scoppiò tra Alaa e Gamal Mubarak, i due figli dell’ex presidente egiziano, all’interno del palazzo presidenziale lo scorso Giovedi durante la registrazione dell’ultimo discorso del padre alla nazione, riporta il giornale egiziano di proprietà del governo al-Akhbar. Si pensò che Hosni Mubarak, annunciasse le sue dimissioni in un discorso inviato lui dai militari Giovedi, ma suo figlio Gamal e gli alti funzionari del suo entourage lo spinsero a proporre un discorso diverso in cui si sottolineava come sarebbe stato al potere almeno fino a settembre. Secondo il giornale, Gamal perse la pazienza dopo aver sentito la registrazione del discorso che il padre avrebbe dovuto consegnare quella notte e in cui stava per dichiarare le sue dimissioni. Secondo il rapporto, i funzionari americani erano a conoscenza di tale registrazione, ma non sapevano che Gamal aveva spinto il padre a disfarsene e a registrare un discorso diverso, consegnato quella stessa notte. Precedentemente quel giorno il presidente americano Barack Obama disse al pubblico del Michigan che “lì si sta facendo la storia” un segno che Mubarak si stava per dimettere. Ore dopo, il presidente Obama sentì qualcosa di sconcertante: Mubarak non aveva intenzione di abdicare. Obama a quanto pare non sapeva che il discorso di dimissioni di Mubarak fù scartato dal figlio di Mubarak stesso negli ultimi minuti prima delle riprese televisive.

Poi però, Venerdì, la situazione si invertì bruscamente. Secondo i rapporti, Mubarak venne invitato al Cairo in elicottero con destinazione la località di Sharm-el-Sheikh, all’estremità meridionale della penisola del Sinai. Dopo poco la televisione di stato egiziana annunciò che un importante messaggio riguardo la presidenza era imminente. Dunque il vice presidente Suleiman si presentò in televisione dichiarando le dimissioni di Mubarak e che lo stesso aveva trasferito il potere al Consiglio militare supremo – qualcosa che la Costituzione egiziana non gli permetterebbe di fare. Cosa è successo?

LA STORIA DI COPERTURA AMERICANA SULLA “DIPARTITA” DI MUBARAK


Le ragioni per l’improvvisa partenza di Mubarak costituiscono ormai un tema altamente esplosivo in sé. L’intelligence Usa si è affrettato a presentare un resoconto che ha ritratto il rovesciamento di Mubarak come un colpo di stato, opera degli ufficiali dell’esercito egiziano. Questo approccio è necessario per mascherare la natura imperialista del colpo di stato, e di mantenere viva l’illusione patetica che gli egiziani abbiano fatto “tutto da soli.”

Un riassunto dettagliato di queste favole è apparso come un articolo del Washington Post di Joby Warrick il 12 febbraio. Qui l’autore ripete almeno due volte che i pezzi grossi di Washington sono stati lasciati fuori per quanto riguarda gli eventi del Cairo, e non potevano che “apprendere” i progressi fatti dagli ufficiali dell’esercito egiziano. Si legge nell’articolo: “Mercoledì sul tardi, la CIA e i funzionari del Pentagono appresero del piano militare egiziano per spodestare il presidente egiziano Hosni Mubarak e privarlo quindi dei suoi poteri primari al fine di placare i disordini che avevano sconvolto il paese per più di due settimane… Le comunicazioni fra gli alti funzionari degli Stati Uniti e l’Egitto sono diventate sempre più sporadiche dall’inizio di questa settimana poichè i deputati di Mubarak lamentavano pubblicamente l’ingerenza statunitense negli affari del Cairo. Poi però l’intelligence statunitense e i funzionari militari di alto livello appresero i dettagli del piano da parte dei capi militari egiziani  – era una via di mezzo tra una dimissione negoziata e un colpo di stato soft – che aveva come scopo quello di diminuire o addirittura eliminare del tutto i poteri di Mubarak. Viene anche affermato che Mubarak deluse i suoi sostenitori soprattutto con il tono del suo intervento, che ha portato alla conclusione che fosse una situazione incorreggibile e che dovesse dimettersi: “Alla fine, dicono gli alti funzionari, gli sforzi di Mubarak gli hanno solo assicurato una partenza precipitosa e ignominiosa. Poche ore dopo il discorso, gli ufficiali dell’esercito egiziano di fronte al presidente screditato se ne uscirono con un ultimatum: O ti dimetti volontariamente, o ti faremo abbandonare il posto con la forza “.

Ma questa è pura finzione, dato che era chiaro al mondo intero che l’intelligence, a partire da Panetta capo della Cia, sono stati i principali promotori del colpo di stato egiziano. Il problema fù che gli ufficiali fantoccio degli Stati Uniti, anche operando dietro la cortina fumogena fornita dalla ricca gioventù borghese in piazza, semplicemente non hanno avuto la forza politica per cacciare Mubarak. Come ha sottolineato l’esperto italiano sul Medio Oriente, Franco Macchi la mattina del 13 febbraio: “In realtà, non credo che il generale Mohammed Hussein Tantawi e il suo Consiglio supremo avrebbero potuto costringere Mubarak a lasciare il suo posto. Ci hanno provato, come previsto da Washington, e per un pò non ci sono riusciti. Anche all’ultimo minuto l’idea di Mubarak era chiara: Non mi interessa, Resterò. Questo avrebbe provocato una divisione nell’esercito con i burattini della CIA che rischiavano l’isolamento e le rimostranze dell’altra parte dei militari. Non è chiaro anche a me quanto Tantawi sia in accordi con gli Stati Uniti (quanto possa contarci) e quanto lo stesso stia cercando di mediare per un compromesso. Tuttavia, l’elemento chiave è il tipo di decisioni e scelte di campo che si svilupperanno all’interno dell’esercito. Queste infatti è probabile che non rimangano lineari a lungo …. “In altre parole, i nuovi colonnelli nasseriano-nazionalisti potrebbero ben presto stancarsi di screditati burattini USA come Tantawi e mandarli a casa, con conseguenze incalcolabili per gli Stati Uniti.

IL TALLONE D’ACHILLE DELLA COPERTURA STATUNITENSE: IL COMUNICATO NUMERO 2 DEL CONSIGLIO MILITARE SUPREMO

L’ostacolo davvero insormontabile per la tesi di Joby Warrick, cioè quella di un colpo di stato timbrato Made in Egitto è il fatto, che Warrick non menziona mai, che una riunione del Consiglio militare supremo si è svolta nella mattinata di Venerdì da cui uscì l’approvazione del piano di Mubarak per una graduale transizione fino a settembre o ottobre sotto la supervisione del presidente in carica – tutto ciò è contenuto nel comunicato numero 2. I fatti principali sono stati segnalati da Press Trust of India in un dispaccio in cui si legge: “I militari egiziani si propongono oggi a difesa di un presidente sotto assedio chiedendo ai manifestanti di tornare a casa, assicurando loro elezioni libere ed eque in settembre e l’eliminazione della tanto odiata legge sull’emergenza, in una uscita che ha provocato delusione diffusa tra le persone che si sono impegnate a fare il loro lavoro durante la campagna anti Mubarak e volevano vederne la fine. Come il potente esercito si è inaspettatamente schierato dalla parte di Hosni Mubarak, decine di migliaia di persone arrabbiate si sono riunite di nuovo per le strade e hanno promesso di portare la protesta alle “soglie delle istituzioni politiche.” Il dispaccio continua: “Da quando Mubarak ha deluso le speranze di milioni di  suoi connazionali e le aspettative a livello mondiale, rifiutando di dimettersi, i militari del Consiglio del Comando Supremo si sono riuniti due volte in meno di 24 ore prima di annunciare di aver sostenuto la mossa di Mubarak e aver trasferito parte dei suoi poteri al vicepresidente Omar Suleiman. Le televisioni di Stato egiziane hanno interrotto i loro programmi per leggere il ‘comunicato numero 2’ del Consiglio nel quale si promise di revocare le leggi d’emergenza tanto criticate nel paese, senza però specificare una data esatta e dove si garantisce “elezioni libere ed eque a settembre” , come indicato da Mubarak. Purtroppo, in quello che sembrava essere un avvertimento per i manifestanti, che per 18 giorni hanno chiesto a Mubarak di dimettersi dopo tre decenni al potere, l’esercito ha anche chiesto loro di andare a casa e tornare al lavoro.”

Queste decisioni del Consiglio militare supremo sono state annunciate in televisione circa un’ora prima l’indicazione che Mubarak stesse per fare una dichiarazione importante. La teoria del colpo di stato degli Stati Uniti dovrà quindi spiegare perché, se i generali egiziani si sono messi contro Mubarak nella notte tra Giovedi e Venerdì, essi si sono riuniti ancora, nella mattinata di Venerdì, per proclamare e rendere noto a livello nazionale il loro continuo supporto al presidente in carica. Tutte le indicazioni portano a concludere che i generali egiziani, tra cui anche le marionette della CIA, sono rimasti sorpresi come il resto del mondo, quando Mubarak annunciò le sue dimissioni. I militari avevano dimostrato di essere incapaci di imporre con la forza questa decisione. Ci deve quindi essere stata qualche forza esterna che agì direttamente su Mubarak e lo indusse a rassegnare le proprie dimissioni di sua “spontanea” volontà. Data l’attuale natura degli affari mondiali, la forza esterna in questione non poteva che essere gli Stati Uniti, forse con qualche aiuto da parte degli inglesi.

LA VERITA’: LE MINACCE USA A MUBARAK


Domanda, “Come avrebbe fatto il regime di Obama a schiacciare Mubarak?” è già possibile rispondere. Data la rabbia di Obama per la polvere mangiata, l’intero settore della Cia più altri organi competenti avrebbero potuto scatenare la loro furia contro il presidente egiziano e la sua famiglia, compresa sua moglie Suzanne, i suoi figli Alaa e Gamal, sua nipote, e altri parenti all’interno dell’Egitto o all’estero. Possiamo solo pensare agli infiniti modi in cui gli Usa si sarebbero potuti vendicare: torture, rapimenti, consegne di pacchi, procedimenti penali, la confisca dei beni, e così via. “Al Qaeda” avrebbere potuto licenziare la famiglia Mubarak, ecc ecc.
Sono state forse altre le minacce che avrebbero potuto far breccia in un capo di stato così orgoglioso, autocrate nazionalista e patriarca come Mubarak. La più ovvia di queste, per la quale abbiamo anche qualche prova, è la minaccia di avere gli Stati Uniti in lotta per il Canale di Suez, una delle più grandi ricchezze nazionali egiziane.

PROVE DELLE MINACCE USA PER IL CONTROLLO DEL CANALE DI SUEZ

In termini di mentalità imperialista, non molto è cambiato dal 1956, quando il primo ministro britannico Anthony Eden si infastidiva alla sola vista del colonnello Amal Abd-el Nasser, il galante leader egiziano che con successo aveva nazionalizzato il canale di Suez sfidando gli inglesi e i francesi. Quando gli imperialisti guardarono oltre il bordo settentrionale dell’Africa, videro ricchezze come il petrolio algerino e libico, ma soprattutto il Canale di Suez, uno dei classici punti di strozzatura navale del mondo, attraverso il quale, al momento, passa l’8% del commercio marittimo mondiale. Gli angloamericani sono profondamente consapevoli delle possibilità infinite che una tale posizione avrebbe nei confronti di paesi come l’Iran, la Cina e la Russia, posizione la quale potrebbe essere riguadagnata dagli attuali imperialisti. Se venisse trovato qualche pretesto per impedire  l’accesso alle navi cinesi dal Canale di Suez, il commercio della Cina con l’intera Europa sarebbe gravemente perturbato. Tuttavia, al fine di rendere l’espropio del canale di Suez una operazione politicamente accettabile, è necessario che l’Egitto scenda nel caos. Questa infatti potrebbe essere una delle motivazioni degli eventi attualmente in corso. Se avviene un crollo negli stati nazionali, allora l’impero americano/inglese sarà libero di intervenire e cogliere ciò che vuole da questi paesi.

In ogni caso, la destabilizzazione egiziana iniziata nei primi mesi del 2011 è già stata inequivocabilmente accompagnata da una serie di atti minacciosi nei confronti del Canale di Suez. Non appena Mubarak ha lasciato l’incarico di capo di stato il ministro degli esteri israeliano Avigdor Lieberman ha iniziato a parlare della minaccia intollerabile per il suo paese rappresentata dal presunto, imminente, passaggio di due navi militari iraniane attraverso il canale di Suez. In un rapporto si legge: ‘Il ministro degli esteri israeliano ha affermato che l’Iran, Mercoledì, procederà con l’invio di due navi da guerra attraverso il Canale di Suez per la prima volta dopo anni, definendolo una “provocazione”, senza però portare alcuna prova. Le autorità egiziane che gestiscono il canale hanno negato. Il Ministro degli Esteri israeliano Avigdor Lieberman disse che la navi avrebbero attraversato il canale sul tardi, Mercoledì, in rotta verso la Siria. Non è riuscito a produrre alcuna prova di ciò e non ha voluto dire da chi ha ricevuto queste informazioni. “Questa è una provocazione che dimostra che l’audacia e l’insolenza iraniana sono in aumento”, disse in un comunicato. L’ente egiziano che gestisce il canale di Suez ha negato la veridicità di questa informazione. La retorica di Lieberman non conobbe limiti: ‘”Questa è una provocazione che dimostra che la fiducia in sé e l’insolenza degli iraniani stanno crescendo di giorno in giorno” disse. “Questo accade dopo la visita del presidente iraniano nel sud del Libano e le sue dichiarazioni aggressive verso Israele.” ‘

Washington era più che disposta a prendere la questione molto seriamente: il portavoce del Dipartimento di Stato americano PJ Crowley dichiarò: “Staremo a guardare per vedere che cosa [le presunti navi da guerra iraniane] faranno». Crowley ha confermato che stava parlando delle stesse navi che avevano sconvolto il ministro degli esteri Israeliano.

5 FEBBRAIO: METANODOTTO GIORDANO/ISRAEL/EGIZIANO BOMBARDATO, ACCUSATA AL QAEDA

Le questioni sul Canale di Suez e sulla sua sicurezza furono sollevate già più volte nelle settimane precedenti, durante tutto il tempo della crisi egiziana. Questo problema emerse durante la prima settimana di febbraio, quando una misteriosa bomba colpì il gasdotto che attraversa la penisola del Sinai e che trasporta gas naturale dall’Egitto in Israele e in Giordania. Del bombardamento furono presto accusati i terroristi , in particolare Hamas e un ramo di Al Qaeda. Il sito Debkafile, che riflette presumibilmente il punto di vista della comunità dell’intelligence israeliana (mossad), si è espresso in questo modo: “Gli aggiornamenti dell’Intelligence Israeliana rivelano che Hamas intende attuare il suo attacco al metanodotto egiziano, Sabato 5 febbraio, al quale seguiranno attacchi di più vasta scala contro Israele, usando il Sinai come piattaforma di lancio. Dal momento che la rivolta è iniziata in Egitto due settimane fa, più di 1.000 uomini armati di Hamas si sono infiltrati nel Sinai del Nord dalla Striscia di Gaza e hanno preso il controllo della regione. Vennero seguiti anche da cellule di Al-Qaeda che vennero riassegnati dall’Iraq alla Striscia di Gaza. Hamas ha istituito un centro di comando nel nord del Sinai per coordinare le sue operazioni con i Fratelli Musulmani al Cairo …. Le fonti militari del sito Debkafile dicono che Hamas e Mumtaz Durmush, capo del Jaish al-Islam (Esercito dell’Islam), legato ad Al Qaeda, aveva raggiunto un accordo per Hamas facendo trasferire gli islamici del Sinai e fornendo loro le armi e gli esplosivi per attaccare le pattuglie israeliane lungo il confine egiziano e le forze di sicurezza egiziane lì piazzate.

Un altro sito ha commentato l’importanza strategica di questo gasdotto: “Sabato 5 febbraio, un’esplosione ha tagliato fuori una linea di distribuzione di gas naturale nella regione del Sinai. Il gasdotto trasporta gas a Israele e alla Giordania. Originariamente, i funzionari di governo stabilirono che l’esplosione era attribuibile ad un incidente, tuttavia, le nuove fonti dell’intelligence segnalano che l’incidente potrebbe essere stato pianificato come un attacco terroristico. Le guardie in servizio per proteggere il gasdotto sono convinti di essere stati catturati da quattro uomini armati e mascherati che hanno fatto esplodere intenzionalmente il gasdotto a distanza tagliando le forniture di gas ai paesi vicini. Israele dipende dal gas naturale egiziano per più del cinquanta percento del fabbisogno di energia elettrica, la Giordania in risposta ha, per il momento, convertito le sue centrali elettriche per funzionare con gasolio e riserve di petrolio. I funzionari egiziani affermano che la linea del gas verrà riparata e sarà operativa entro una settimana. Le implicazioni della sicurezza nei disordini egiziani sono gravi, soprattutto alla luce di questo attacco terroristico.

Possiamo già immaginare i titoli: “Obama ordina ai Marines di controllare il canale di Suez per fermare il dominio di al Qaeda su una delle più vitali vie marittime del mondo”. Una grande strategia per le prossime elezioni primarie, potrebbe immaginare Obama.

LA TASK FORCE KEARSARGE NEL CANALE DI SUEZ E IL GRANDE LAGO AMARO


Una possibilità concreta per gli Stati Uniti di inizare un qualche tipo di operazione sul Canale di Suez venne rappresentato dalla task force americana Kearsarge, la quale venne ufficialmente rappresentata come aiuto all’evacuazione dei cittadini statunitensi nel caso in cui la situazione politica in Egitto si fosse ulteriormente deteriorata. Secondo un resoconto: “La USS Kearsarge Expeditionary Strike Group ha accelerato la sua marcia verso il canale di Suez, sta attendendo ora nuove istruzioni nel Grande Lago Amaro nel Canale di Suez vicino a Ismailia, questo ben spiega la funzione specifica di questa unità che è quella di trasportare attrezzature e marines che saranno poi destinati allo sbarco sulla spiaggia e alle operazioni di distribuzione del territorio…. La missione principale della Kearsarge USS è il dislocamento, lo sbarco e il supporto di una forza di Marine in tutto il mondo. La suite di armamenti della Kearsarge include il sistema di difesa missilisto, Sea Sparrow della NATO, il Rolling Airframe Missile (RAM) del sistema di difesa, la “falange” un sistema di armamenti per il combattimento a breve distanza, mitragliatori da 25mm e  il sistema di protezione contro i missili anti nave,  contro i mezzi aerei e quelli di superficie. La USS Kearsarge trasporta anche carroarmati, camion, artiglieria e il completo appoggio logistico necessario per condurre un assalto. La domanda è: Quali sono le intenzioni del governo degli Stati Uniti e dei militari, dato che migliaia di Marines sono attualmente in mare aperto e potrebbero in ogni istante essere lanciata all’attacco? E’ una campagna militare bellicosa? Oppure se non lo è potrebbe servire come rifugio per certe persone che dovranno essere evacuate dal paese? “Durante la fase di crisi, la USS Kearsarge, è stata vicina nell’essere un vettore d’attacco per gli Stati Uniti.

L’11 febbraio, altri rapporti suggerirono che, in collaborazione con le mosse degli Stati Uniti, gli israeliani cercarono di ristabilire le loro posizioni nel cosiddetto assedio del corridoio di Filadelfia nel Sinai tra la Striscia di Gaza e l’Egitto: “Le fonti dei media egiziani hanno confermato attraverso dei rapporti delle agenzie dell’intelligence israeliana che gli Stati Uniti spostarono alcune delle loro forze navali della Quinta Flotta più vicino al Canale di Suez. Si temette che la situazione in Egitto avrebbe potuto andare fuori controllo e minacciare la navigazione nel Canale. Il giornale egiziano Al Masri Al Yawm riportò che il personale della forza navale ammontava a 850 marines. Presero una posizione strategica nei pressi di Ismailia, con facile accesso al cuore dello stato egiziano e alla penisola del Sinai. Il giornale cita fonti israeliane per quanto riguarda il posizionamento delle truppe americane, operazione avvenuta dopo la dichiarazione del vice presidente Omer Suleiman che l’Egitto doveva affrontare una scelta tra un colpo di Stato o il dialogo. Al Masri Al Yawm riferisce anche di un recente rapporto pubblicato dal quotidiano israeliano Yedioth Ahronoth, in cui gli ufficiali delle Forze di difesa Israeliane facevano pressioni per la rioccupazione del corridoio di Philadelphia che si trova tra l’Egitto e la Striscia di Gaza, nel caso che il regime di Mubarak fosse crollato completamente. Per il critico italiano Bernardino Ferrero, la conclusione fù chiara:” Mubarak lascerà, ma gli Stati Uniti resteranno nel canale di Suez “.

UNO SCENARIO DI CHAOS E CONFUSIONE, COME NEL 1956

Quando gli inglesi e i francesi si ripresero il canale di Suez nel 1956, uno dei loro principali argomenti di propaganda fù che i primitivi egiziani erano troppo arretrati per gestire una questione tanto complessa come l’autorità sul Canale di Suez. Pertanto, i colonialisti europei stavano riaffermando il loro controllo nel pubblico interesse del mondo. Questa di certo fù una sciocchezza, ma tali argomenti sembra che stiano per venire riproposti nell’attuale scenario.

Un pretesto che i neo-imperialisti potrebbero utilizzare è quello dello sciopero dei lavoratori del canale di Suez, che venne puntualmente riportato da Bloomberg news l’8 febbraio. I pedaggi non venivano raccolti, e la manutenzione costante necessaria al funzionamento del canale a quanto pare non sembra esserci. I lavoratori della Suez Canal Co. iniziarono quel giorno un sit-in, come riportato nella versione online dal quotidiano Al-Ahram, senza segnalare la fonte di tale notizia. I 6.000 lavoratori provengono da Suez, Port Said e Ismailia, riferisce sempre Al-Ahram …. Il canale ha la capacità di gestire 2,2 milioni di barili di petrolio al giorno, mentre quello dell’adiacente gasdotto è di 2,3 milioni di barili, secondo Goldman Sachs Group Inc.
Pochi giorni dopo, cominciarono le rivolte, con la polizia che andò a scontrarsi contro i manifestanti: ” I manifestanti egiziani nella cittadina a nord del Sinai di El-Arish hanno avuto un conflitto a fuoco con la polizia e vennero scagliate bottiglie di molotov contro una stazione di polizia, a quanto riferiscono i testimoni. Circa 1.000 manifestanti sono usciti da un gruppo più grande e si sono diretti verso una stazione di polizia, facendo esplodere bombe e incendiando macchine dei poliziotti. ” Dobbiamo anche ricordare che in Egitto, il 2011 iniziò con l’attentato omicida in una chiesa cristiana copta.

ISRAELE SOSTIENE CHE IL FRONTE DEL SINAI E’ SCOPERTO


Contemporaneamente a questi eventi, Debkafile ha riassunto i rapporti della stampa israeliana secondo la quale tre decenni di pace nella penisola del Sinai secondo gli accordi di Camp David avevano cullato il comando israeliano elevandolo ad un falso senso di sicurezza, portandoli a trascurare ciò che Debka chiama il fronte del Sinai: “Trentadue anni di pace con l’Egitto hanno lasciato Israele militarmente impreparata per l’ignoto e inaspettato nel loro lungo confine meridionale di 270 chilometri: l’attuale generazione di combattenti israeliani e comandanti non ha alcuna esperienza di combattimento nel deserto, la “corazza” israeliana è fatta su misura per funzionare contro i suoi fronti più ostili: Iran, Libano, Hezbollah e la Siria, ma l’intelligence ha poche informazioni a riguardo dell’esercito egiziano e dei suoi comandanti e, soprattutto, nessun indizio sulle intenzioni dei nuovi governanti ‘per quanto riguarda le future relazioni tra Cairo e Israele e la sicurezza sul loro confine nel Sinai. Le Forze di Difesa israeliane sono addestrate ed equipaggiate per affrontare l’Iran e la lotta sul terreno montuoso del Libano e della Siria. Dopo aver firmato la pace con l’Egitto nel 1979, Israele ha demolito le brigate da combattimento addestrate per la guerra nel deserto, la cui ultima battaglia fu combattuta nella guerra del 1973, da cui ha interroto le ostilità militari e il controllo dell’intelligence militare egiziana. L’alto comando israeliano conosce di conseguenza poco o nulla sugli eventuali comandanti sul campo, che potrebbero guidare le truppe egiziane se venissero distribuiti nel deserto del Sinai. ” molto qui è frutto della fantasia, ma lo scopo dell’articolo è abbastanza evidente.

Franco Macchi riassumere le situazioni fin qui elencante come segue: “In primo luogo, il sabotaggio dell’oleodotto (proprio all’inizio della ‘rivoluzione’ in piazza Tahrir), in secondo luogo, la scenata esagerata di Israele sul fatto che una fonte vitale di energia fosse stata messa in pericolo, creando un problema di sicurezza nazionale, in terzo luogo, gli attacchi di tipo militare nelle caserme dei soldiati egiziani e i soldati nel Sinai, in quarto luogo, la rivolta definita ‘incontrollabile’ delle tribù beduine del Sinai. Il quinto, lo sciopero dei lavoratori del canale di Suez da cui Macchi trae una conclusione : “Il pericolo di uno scenario di Chaos e di perdita di controllo da parte del governo egiziano’ sarebbe un plausibile prestesto per un intervento militare, una spada di Damocle che pesa sopra la testa dell’Egitto dall’inizio della crisi.”

Sulla base delle prove circostanziali, possiamo avanzare l’ipotesi che uno degli elementi che indussero Mubarak a dimettersi da presidente d’Egitto fù la minaccia da parte degli Stati Uniti di togliere agli egiziani il controllo del Canale di Suez, in tutto o in parte.

PERCHE’ GLI USA HANNO SCARICATO MUBARAK?

Dobbiamo ora esaminare nel dettaglio le ragioni specifiche per cui gli Stati Uniti hanno scelto di scaricare Mubarak e perché proprio adesso. Il modello generale che emerge da questa indagine è quella di un Mubarak sempre più apertamente ostile alla direzione generale della politica statunitense, soprattutto sulla questione centrale dello stabilire se l’Egitto, lo stato chiave tra quelli arabi sunniti, avesse dovuto partecipare all’alleanza pianificata dal Dipartimento di Stato contro l’Iran e i suoi alleati. Nessuno sapeva meglio di Mubarak che la divisione degli arabi negli ultimi tre decenni, aveva portato ad un fronte di radicali, da un lato, e un blocco di arabi moderati, dall’altro, che ha ridotto questi Stati alla condizione di pedine sacrificabili. Ci sono segnali che indicano che stava facendo qualcosa per risolvere la questione.

LIBANO: MUBARAK SI OPPONE FERMAMENTE AL COMPLOTTO DI OBAMA E DELLA CLINTON NEI CONFRONTI DEGLI HEZBOLLAH


L’ultima conversazione conosciuta tra Obama e Mubarak prima della crisi esplosa in Egitto sembra aver avuto luogo il 19 gennaio. Secondo le letture, Obama ha chiamato Mubarak per ringraziarlo per il sostegno egiziano nella politica degli Stati Uniti verso il Libano. Meno di una settimana prima che iniziasse la rivolta, troviamo questo dispaccio di una agenzia di stampa: ‘Il presidente Barack Obama ha parlato con il Presidente egiziano Hosni Mubarak, Martedì, circa il desiderio degli Stati Uniti di tenere le acque calme in Tunisia e lo ha ringraziato per il sostegno dell’Egitto al tribunale dell’Onu istituito per giudicare gli assassini dello statista libanese Rafik al-Hariri …. Obama ha ringraziato Mubarak per il sostegno egiziano del tribunale “, che sta tentando di porre fine all’era dell’impunità degli assassini politici in Libano e ottenere giustizia per il popolo libanese”.

Ciò che rende la tattica di Obama così incredibile è che Mubarak fù uno degli avversari principali di tutta la corte dell’ONU che accusava il regime degli Hezbollah, chiaramente perché l’intera faccenda non era altro che una ricetta per riavviare la guerra civile libanese, e quindi molto probabilmente una guerra nazionale. Mubarak non volle prendere parte alla politica di Obama e quest’ultimo deve averlo capito. Questa incongrua telefonata assume quindi il carattere di una qualche forma di avvertimento obliquo al presidente egiziano per fermare il sabotaggio di una delle principali mosse per la destabilizzazione dell’intera regione.

MUBARAK: L’IRAN UNA PARTE DELLA SOLUZIONE

L’idea preferita su questo tema di Mubarak è che l’intero Libano abbia un futuro indipendente che non abbia quindi il peso incombente di complotti da parte delle Nazioni Unite. Ecco come Mubarak ha espresso il suo dissenso lo scorso ottobre: ‘Il presidente egiziano Hosni Mubarak disse che un verdetto contro un alto funzionario degli Hezbollah potrebbe pregiudicare la sicurezza interna del Libano e ha aggiunto “Il destino del consenso e della convivenza libanese non deve dipendere da questo atto d’accusa indipendentemente dal suo contenuto “. Mubarak ha anche avvertito che la pace in Medio Oriente “non può permettersi un nuovo fallimento.” ” Inoltre, non può permettersi l’escalation di violenza e diterrorismo che andrebbe a crearsi nella regione se crollassero i negoziati “, ha detto. Mubarak pensa che ogni progresso sulla pista israelo-palestinese possa aprire la strada a simili progressi e ad accordi su entrambi i binari, libanese e siriano. “L’Iran”potrebbe diventare parte della soluzione per la crisi in Medio Oriente, piuttosto che essere una delle cause. “‘

Iran una parte della soluzione in Medio Oriente! L’Iran avrebbe dovuto essere totalmente isolato, ed è il principale obiettivo degli Stati Uniti! Un discorso che suona come eretico, l’esatto opposto del sermone così stridente predicato da Hillary Clinton durante tutto il 2010.

MUBARAK RIFIUTA LO SCUDO ATOMICO PROPOSTO DAGLI USA, GLI STATI UNITI CRITICANO L’ALLEANZA TRA ISRAELE E SUNNITI ARABI CONTRO L’IRAN

Come già osservato, la principale mossa diplomatica del primo anno dell’amministrazione Obama è stata la creazione di un blocco arabo-sunnita incentrato sull’Egitto, insieme con Israele, sotto la protezione dell’ombrello nucleare degli Stati Uniti, ai fini del confronto regionale e di una possibile guerra contro l’Iran, la Siria, gli Hezbollah, e dei loro alleati. Uno dei sottoprodotti di tale regime sarebbe stata un’alleanza militare forzata tra Egitto, Arabia Saudita e Israele  contro i musulmani dell’Iran. La prima guerra del Golfo aveva mostrato l’avversione che hanno i leader arabi a partecipare spalla a spalla agli Israeliani durante le imprese militari, che dovevano tra l’altro stare fuori dal Kuwait. Tuttavia, l’alleanza con Israele fù esattamente quello che Obama e Hillary Clinton esigevano. L’Arabia Saudita, che non aveva relazioni diplomatiche con Israele, sarebbe stata molto probabilmente costretta ad aprirle. Per quanto riguarda l’Egitto, anche se il trattato di pace di Camp David con Israele è in vigore da tre decenni, vi sono ancora molti aspetti delle relazioni bilaterali tra Egitto e Israele, che sono ben lungi dall’essere normalizzati. Mubarak non aveva alcuna intenzione di consentire che tale normalizzazione fosse automatica, e, naturalmente, non volle che l’Egitto diventasse carne da cannone nel tentativo degli Stati Uniti di dividersi e spartirsi l’Iran.

Il piano dell'”ombrello nucleare” avrebbe anche richiesto la creazione di basi militari USA in Egitto, Mubarak si è  sempre opposto. Ci sono circa 500 militari statunitensi in Egitto, ma questi sono stanziati nel deserto del Sinai come parte della Forza multinazionale, insieme a truppe di altri 10 paesi nel quadro della sorveglianza del confine Israele-Egitto sotto i termini del trattato di pace di Camp David del 26 marzo 1979. Mubarak non ha mai voluto le basi USA in Egitto. Ha inoltre sistematicamente respinto tutte le richieste da parte degli Stati Uniti per fornire forze militari egiziane per la guerra in Afghanistan.

Ecco come venne formulata la proposta per l'”ombrello nucleare” nell’estate del 2009: ‘Il segretario di Stato Usa Hillary Clinton è apparso Mercoledì per delineare come gli Stati Uniti potrebbero far fronte a un Iran nucleare – armando i suoi vicini e con l’estensione di una “difesa ad ombrello” nella regione.

Mubarak si oppose con veemenza a questa strategia, come possiamo vedere dal tono del rapporto pubblicato tramite uno dei documenti semi-ufficiali al Cairo, e reso disponibile attraverso l’israeliana Ynet: ‘Il quotidiano Al-Gumhoria dice il presidente egiziano contesta fortemente la porposta americana per Israele, cioè di creare per gli Stati arabi un ombrello nucleare contro gli attacchi dall’Iran. Gli Stati Uniti hanno offerto ad Israele, Egitto e ai Paesi del Golfo Persico di far parte di un ombrello nucleare contro un attacco iraniano, come riferito dal giornale egiziano Gumhoria. In accordo con l’idea americana, gli israeliani e gli americani sarebbero stati impiegati in quei paesi arabi, in preparazione ad una risposta di qualsiasi pericolo l’Iran potesse rappresentare. Tutti sanno, l’editore ha scritto, che tali basi sarebbero state utilizzate per dichiarare guerra all’Iran se il dialogo diplomatico americano con Teheran americano fosse destinato a fallire ‘.

Secondo il riassunto Ynet ‘, “L’ombrello di difesa americano di cui Israele farà parte mira a consentire a quest’ultima di approfittarsene dei paesi del Golfo’ di fiducia, essere protetta e sfruttare la ricchezza economica dei paesi produttori di petrolio. Questa normalizzazione è indiretta e una tangente nascosta a Israele. “Secondo l’editore,” L’unico a rivelare questo piano satanico è stato il presidente Hosni Mubarak, che fù molto fermo nella sua risposta. Egli ha sottolineato che l’Egitto non supporta la normalizzazione con Israele libera, indipendentemente dalle sue ragioni. “Secondo l’editoriale, il Cairo è contro all’alleanza per la difesa, anche se Israele non facesse parte di essa. Alcuni giorni fa, il redattore del giornale ha scritto, più di 200 membri repubblicani e democratici del Congresso inviarono una lettera al re saudita Abdullah, esprimendo il loro disappunto per la sua incapacità di accettare la chiamata del presidente Obama a fare passi in avanti verso la normalizzazione di Israele.

Fonte

Stuxnet: Un video sottolinea il successo isreaeliano

Un nasto è stato visionato alla festa di pensionamento del capo delle Forze di Difesa di Israele e sembra ancora una volta dimostrare che vi sia lo zampino israeliano dietro Stuxnet e quindi sui danni provocati al programma nucleare iraniano.

Il video che mostra i successi operativi del tenente generale Gabi Ashkenazi include anche riferimenti a Stuxnet, un virus informatico che l’anno scorso ha danneggiatto il sito di arricchimento nucleare di Natanz.

Anche se ufficialmente Israele non ha accettato la responsabilità per l’attacco via Stuxnet, le prove di suo ruolo attivo nell’intera operazione si hanno da quando sono iniziate le prime avvisaglie e cioè a luglio. Il virus, che non ha precedenti in quanto a complessità, è stato progettato per infiltrarsi nei sistemi di controllo a Natanz e di nascosto fare delle rettiffiche errate alle centrifughe che le avrebbero poi danneggiate.

I ricercatori della sicurezza dicono che i vari fattori della cyber minaccia, tra cui la complessità del suo funzionamento tendono con forza ad indicarne come fonte Israele. E’ un fatto che un impianto speciale è stato istituito con la cooperazione americana, nel deserto israeliano, per testare l’arma.

Subito dopo la sezione di Stuxnet, il video del Ten. Gen. Ashkenazi include un omaggio a Meir Dagan, che era a capo del servizio segreto del Mossad israeliano durante quasi la totalità del tempo in cui il Ten. Gen. Ashkenazi è stato responsabile della IDF.

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